In realtà, poi, sulla landing page del link c’era tutt’altro. I contenuti banali, di scarsissimo interesse presenti facevano si che lo si abbandonasse dopo pochi secondi. Intanto, però, avete cliccato sulla non-notizia di Facebook e avete visitato il sito-fake, aumentando in questo modo il traffico verso quel sito.
Questi post che infestano (o, meglio, infestavano) Facebook sono i cosiddetti “mangia-click”, altrimenti chiamati, in inglese, “click-bating”. Grazie al grande numero di click che ricevevano, ingannavano l’algoritmo del social network, che a causa di questo li riteneva interessanti e quindi premiava anziché penalizzarli.
Negli ultimi tempi, questi link “furbetti” erano diventati sempre più numerosi, cosa che causava un certo fastidio in tutti gli utenti che oramai avevano capito di cosa si trattasse.
Del problema se ne sono accorti anche i dirigenti dell’azienda di Zuckerberg, che quindi hanno cercato di porvi rimedio facendo modificare appositamente l’algoritmo che gestisce il ranking dei vari post.
La strategia adottata per controllare quali post possono essere configurabili come click-baiting si basa innanzitutto sul tempo di permanenza degli utenti sulla pagina di arrivo del link (che, tra l’altro, normalmente è fuori da Facebook). Se durerà pochi secondi significa che l’interesse è scarsissimo, e che quindi molto probabilmente si tratta di un post mangia-click. Viceversa, se la permanenza al sito linkato dura un tempo ragionevole, non saremo in presenza di link fasulli.
In secondo luogo, se l’utente, dopo aver visitato il link, compie delle interazioni sul post di partenza di Facebook, ad esempio inserendo commenti o cliccando sul tasto “like”, è molto probabile che il contenuto ritrovato sia stato interessante, e quindi non si tratta di titoli acchiappa click da penalizzare.
Inoltre, i mangia-click, normalmente, non riportano il link per esteso. L’indirizzamento avviene semplicemente cliccando sull’immagine. Questo può essere un altro indizio che fa supporre a post scorretti, che quindi vanno penalizzati. Infatti, il link esteso può dare all’utente qualche informazione in più sulla destinazione, che quindi può capire a colpo d’occhio la congruenza del link con quanto annunciato dal post. Per questo, un’altra precauzione presa da Facebook per combattere il fenomeno dei post fasulli consta nel premiare i post che contengono il link nel formato esteso, penalizzando quelli che utilizzano la sola immagine.
Se queste precauzioni saranno sufficienti ad eliminare, almeno in parte, i link spazzatura lo vedremo prossimamente. Per il momento pare di sì, ma tutti sappiamo che i metodi per aggirare i controlli e gli algoritmi adottati dai social network per evitare usi fraudolenti e rendere il sito interessante sono sempre allo studio di webmaster poco seri…